Squid Game – Sotto il capitalismo non c’è nessun vincitore

Squid Game è l’ultima produzione targata Corea del Sud che mostra in maniera brillante la realtà brutale del capitalismo: la competizione portata all’estremo. Mentre la serie è in testa a tutte le classifiche di Netflix, i lavoratori coreani proprio oggi, 20 ottobre, incrociano le braccia in uno sciopero generale.

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Nella serie televisiva Squid Game di Hwang Dong-Hyuk, ormai popolarissima, i concorrenti sono pieni di debiti e rischiano la propria vita per realizzare un’enorme fortuna in una competizione in cui gli sconfitti vengono eliminati fisicamente.

Al di là della recitazione egregia e della violenza grafica, Squid Game riflette i veri orrori del capitalismo e le sue agonie. Non c’è da stupirsi che abbia conquistato un pubblico enorme e un notevole interesse da parte dei media internazionali.

In questa serie prodotta da Netflix, ormai in cima alle classifiche (attualmente numero uno in oltre 90 paesi), vediamo centinaia di coreani sul lastrico competere in una serie di giochi mortali per vincere un premio in denaro di 33 milioni di euro. Uniti dalla loro sofferenza sotto il capitalismo, la serie segue le loro vite miserabili e la loro necessità estrema di vincere il gioco.

Disperazione

Lo spettacolo inizia introducendo il personaggio principale, Seong Gi-Hun, mentre affronta una quotidianità miserabile, fatta di debiti di gioco e rapporti familiari tesi. Quando uno sconosciuto lo invita a partecipare a un concorso con un premio molto alto come ricompensa, l’offerta sembra troppo buona per rifiutare.

Ogni round del gioco è brutale e crea una scarsità (artificiale) per spingere i partecipanti ad adottare comportamenti sempre più disperate.

Il cibo è distribuito iniquamente, la violenza è tollerata, il tradimento è ricompensato. Le differenze si trasformano in odio mentre i concorrenti respingono ogni solidarietà basata su razza, sesso, età. Le parole di Marx calzano a pennello: “dove il bisogno è generalizzato, tutta la vecchia merda torna a galla”.

I giocatori sono liberi di lasciare la competizione, se una maggioranza vota per farlo. Eppure anche questa libertà è un’illusione, proprio come la democrazia borghese.

Offerta la possibilità di tornare alle loro vite abituali, i concorrenti si trovano di fronte all’inevitabile, cupa realtà della loro esistenza. Come dice un personaggio sconsolato, la vita è “tanto brutta là fuori quanto lo è qui dentro”.

Le regole sono fatte rispettare da una rigida gerarchia di corpi armati composta da uomini mascherati. Questi mantengono un monopolio completo sulla violenza, usando pistole e mitragliatrici per giustiziare quei giocatori che infrangono le regole e quelli che hanno perso un round. I paralleli con l’apparato di sicurezza della classe dominante coreana sono difficili da ignorare.

Ma le somiglianze tra finzione e realtà non sono una coincidenza. Come ha detto il regista Hwang Dong-Hyuk: “Volevo scrivere una storia che fosse un’allegoria o una favola sulla moderna società capitalista, qualcosa che descrivesse una competizione estrema, un po’ come la competizione estrema della vita”.

Oltre lo schermo

Squid Game si unisce a una crescente ondata di realismo sociale coreano, con film come The Host e Parasite che smascherano lo sfruttamento di classe in Corea del Sud. Nonostante i suoi temi surreali, Squid Game non è troppo lontano dalle estenuanti condizioni materiali che affrontano i lavoratori sudcoreani nella vita reale.

Il 2020 ha portato la peggiore crisi di disoccupazione della Corea del Sud dal 1997. Esacerbata dalla pandemia di COVID, la Corea del Sud ha visto oltre un decennio di costante declino occupazionale. Tra i giovani la disoccupazione è al 9,5 per cento. Non c’è da meravigliarsi se i giovani coreani hanno iniziato a chiamare la loro patria “Hell Korea” (inferno Corea).

La vecchiaia e la pensione non offrono alcuna speranza ai giovani e ai lavoratori sudcoreani. Mentre nel Regno Unito “solo” il 15% delle persone di età superiore ai 66 anni vive in condizioni di povertà, il 43% della popolazione anziana della Corea del Sud è in stato di povertà. Con l’invecchiamento della popolazione e le morti che superano le nascite, gli anziani sono diventati un altro settore oppresso sotto il capitalismo.

Schiavi dei debiti

Per ciascuno dei concorrenti del Squid Game, il premio in denaro offre una scappatoia dalla schiavitù dei debiti. In realtà, il debito delle famiglie sudcoreane è salito alle stelle, con il rapporto medio tra debito familiare e reddito disponibile che si attesta al 191%. In totale, il debito delle famiglie è di 1,54 migliaia di miliardi di dollari, una cifra astronomica.

Mentre i concorrenti immaginari di Squid Game e i lavoratori nel mondo reale subiscono le conseguenze del loro debito, il governo sudcoreano ha pensato bene di aggiungere al proprio debito nazionale dei pacchetti di incentivi. Nel 2019, il debito nazionale si è attestato a 726 miliardi di dollari che si prevede raggiungerà 1 migliaio di miliardi entro il prossimo anno.

Imperialismo

Verso la fine della serie, ci vengono presentati (spoiler alert!) gli ospiti VIP che finanziano lo Squid Game. Mentre i concorrenti e lo staff del gioco sono coreani, questi ricchi osservatori hanno per lo più accenti americani.

Come in The Host, i VIP americani in Squid Game sono indifferenti alla sofferenza dei personaggi coreani, privilegiando il guadagno materiale rispetto a qualsiasi morale.

Nel mondo reale, gli Stati Uniti continuano a usare la classe operaia coreana come pedina nei loro giochi imperialisti. Al momento della stesura di questo articolo, la Corea del Nord sta tentando di giungere a un accordo di pace con i suoi vicini meridionali. Allo stesso tempo, la Corea del Sud mostra la sua forza militare tramite l’appoggio degli Stati Uniti, con un nuovo missile balistico in dotazione ai sottomarini.

L’unione fa la forza

Mentre la classe operaia coreana soffre sotto la doppia oppressione della classe capitalista coreana, composta da chaebols (conglomerati industriali gestiti da ricche dinastie familiari), e dall’imperialismo statunitense, la loro storia ne dimostra la combattività.

Nel 2015, la Corea del Sud ha visto un’ondata di tre scioperi generali. Guidati dalla Confederazione coreana dei sindacati (KCTU), decine di migliaia di lavoratori sono scesi in piazza per protestare contro il presidente di destra Park Geun-Hye e le sue misure contro i lavoratori.

In risposta, lo stato ha iniziato una repressione di massa, con una spiccata brutalità della polizia e arresti mirati dei leader sindacali. Sebbene le misure siano state approvate con piccoli aggiustamenti, la classe operaia coreana ha tratto importanti lezioni da quella lotta.

Questo mese, il KCTU si sta mobilitando per un nuovo sciopero generale il 20 ottobre per esprimere la propria rabbia contro l’attuale sistema di sfruttamento. Per promuovere lo sciopero, il KCTU ha creato la propria campagna promozionale nello stile di Squid Game chiamandolo “General Strike Game”.

Rivoluzione

È chiaro che la coscienza di classe a livello globale sta crescendo, spinta dal peggioramento delle condizioni materiali.

La sofferenza di Seong Gi-Hun e dei suoi compagni di gioco pieni di debiti in Squid Game non è limitata al piccolo schermo, né alla stessa Corea del Sud. Non c’è soluzione sotto il capitalismo, non più di quanto non ce ne sia attraverso questi giochi intrisi di sangue.

Per la classe operaia coreana, il compito è quello della rivoluzione. Un movimento unitario della classe operaia attorno a rivendicazioni concrete e di tipo socialista, con il sostegno della KCTU e di altre organizzazioni operaie, potrebbe rovesciare i padroni e gli imperialisti, e portare i chaebol e il resto del sistema padronale sotto il controllo operaio.

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