Il nostro 22° congresso – Una riunione memorabile

Quasi 180 compagni, da oltre 25 città, si sono riuniti a Milano dal 24 al 26 febbraio per partecipare al ventiduesimo congresso nazionale di Sinistra Classe Rivoluzione. È il nostro primo congresso in presenza dall’inizio della pandemia tre anni fa. Un periodo di intensi e profondi cambiamenti. Come organizzazione marxista rivoluzionaria, abbiamo provato ad attraversarli sapendo cogliere le tendenze di fondo, distinguendo gli elementi di novità da quelli in continuità, guardando cosa è in superficie e cosa si muove più profondamente o risale verso l’alto.

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È questa ambizione e questo lavoro costante che ci ha permesso di rafforzarci e di crescere.

Il dibattito sulle prospettive internazionali

La giornata del 24 si è aperta con una discussione sul contesto internazionale, mai come oggi necessaria. Francesco Merli, rappresentante della nostra Internazionale, ha introdotto il dibattito spiegando come il capitalismo si dimostri un sistema sempre più incapace di reagire agli scossoni generati dalle sue proprie contraddizioni. Un sistema che non sa rispondere alle esigenze più essenziali della vita di milioni di persone.

Lo shock pandemico e, da ultimo, le conseguenze della guerra in Ucraina, hanno portato a un grado di maturazione tale le contraddizioni accumulatesi per anni, che oggi queste non solo sono evidenti e dispiegate. Sono così in rilievo da essere diventate i presupposti di uno scenario nuovo.

Quindici anni fa gli Stati hanno risposto alla cosiddetta “crisi dei crediti subprime” cominciando un lungo processo di indebitamento, i cui costi sono stati spalmati sull’intera società. Dopo il 2008 le misure di austerità sono state portate avanti da qualunque governo, riuscendo ad attenuare la crisi. Il prezzo di una illusoria e precaria stabilità è stato il peggioramento profondo delle condizioni di vita e di lavoro della classe lavoratrice e dei settori più poveri della società.

La crisi del COVID 19, con tutta la dinamica di mancanza di componenti e prodotti necessari, di colli di bottiglia e di incapacità dei vari paesi a pianificare e coordinare una risposta comune, ha dimostrato l’irrazionalità del capitalismo dinanzi agli occhi del mondo intero.

Le speranze di un miglioramento della condizione economica generate con l’uscita dalla fase acuta della pandemia si sono rapidamente spente nell’esplosione dell’inflazione e in nuove e profonde contraddizioni economiche.

Lo scoppio della guerra in Ucraina non è stato la causa della crisi ma l’ha portata a maturazione.

Gli economisti borghesi sono allarmati. Il loro timore potrebbe essere letto attraverso innumerevoli commenti.

Uno di questi è di Larry Summers, il quale ammette che siamo “nel contesto economico più difficile da leggere che ricordi” per la convergenza e il cozzo tra così tanti elementi e aspetti distinti e per così tante tendenze contraddittorie nella situazione internazionale.

Ne elenchiamo alcune: inflazione, stretta monetaria e fine del “denaro facile”, impatto della crisi energetica, tensioni commerciali e internazionali crescenti, incertezze sul futuro della Cina e dei suoi rapporti con l’Occidente. E, ancora, l’esito del tutto incerto della guerra in Ucraina, in cui da entrambe le parti in causa la linea sembra essere quella dello scontro a oltranza e dell’ulteriore approfondimento del conflitto.

Su tutto questo pesa l’aggravarsi dello scontro tra le diverse potenze imperialiste. Oggi possiamo dire che la divisione del mercato in blocchi è un processo avviato e irreversibile. Il conflitto principale in questo contesto è quello tra la Cina e gli Stati Uniti ed è un conflitto che non può essere disinnescato. In questo scontro gli Stati Uniti conservano il ruolo di principale potenza imperialista, riuscendo anche a sfruttare il contesto bellico per imporre alle potenze europee un riallineamento dietro la loro guida. Tutto questo avviene mentre i peggiori elementi della crisi del 1973 (stagflazione) si combinano con quelli della crisi del 2008 (debito e crescita gigantesca della massa monetaria).

Mai così tanti processi e minacce si sono incontrati e combinati in un punto. In quanto marxisti osserviamo e indaghiamo gli effetti che questo ha sulla classe operaia. Negli Stati Uniti i lavoratori si risvegliano e scendono in campo. In Europa l’effervescenza della classe operaia si esprime principalmente attraverso lotte di tipo economico. La Gran Bretagna e la Francia ne sono l’esempio più evidente. Ma non è che l’inizio, e il conflitto non si limiterà al piano sindacale, ma avrà anche conseguenze politiche.

Oggi i due sviluppi fondamentali a cui andiamo incontro sono: l’aumento della barbarie in tutto il mondo e lo sviluppo della lotta di classe su scala internazionale. Non ci sono soluzioni di mezzo. L’alternativa è sempre più tra rivoluzione e barbarie.

La situazione in Italia e il nostro intervento

In che modo un capitalismo debole come quello italiano si inserisce in questo dibattito e i nostri compiti nel prossimo periodo, sono stati i punti discussi nella giornata successiva.

La relazione di Alessio Marconi è partita dall’aumento dell’inflazione e dei tassi di interessi per contenerla, per spiegare la recessione che si prepara in Italia e che sta già pesando su famiglie e aziende e sulle casse dello Stato. Il periodo di illusioni prodotte dal Recovery Plan è finito. Oggi l’Unione Europea prova a rispondere all’aumento della competizione internazionale e al gigantesco piano di investimenti americani noto come IRA (Inflation Reduction Act), dal chiaro carattere protezionistico, procedendo in ordine sparso.

In questo contesto l’Italia si trova in una posizione di estrema debolezza, con l’aumento della spesa statale destinato in grossa parte a ripagare gli interessi sul debito. Ulteriori interventi si sono limitati a poco più del famigerato superbonus, che pure ha rappresentato un’enorme mangiatoia speculativa e il cui improvviso ritiro aggrava un problema abitativo già presente e sempre più grande. Le casse dello Stato vengono drenate da incentivi e sgravi per le imprese. E mentre aumenta la povertà e il divario tra ricchi e poveri nel nostro paese (in Italia il 20% più ricco possiede il 68% delle ricchezze) il maggior sindacato italiano si limita a rivendicare una maggior fetta della spesa statale.

Bisognerebbe invece preparare un serio piano di mobilitazione che parta dalla questione salariale e dalla rivendicazione di una scala mobile dei salari. Una rivendicazione a favore della quale si esprime oltre l’85% degli italiani (secondo un recente rapporto del Censis), come abbiamo potuto verificare noi stessi da un anno a questa parte fuori i luoghi di lavoro in tutta Italia con una campagna proprio sulla scala mobile. Se la CGIL fosse disposta a osservare e rispondere agli umori profondi della classe operaia italiana, si accorgerebbe che fra i lavoratori esiste una ampia consapevolezza dei pericoli che minacciano la loro condizione sociale. Un appello a una mobilitazione seria e non di facciata per difendere i salari mangiati dall’inflazione e le condizioni di lavoro troverebbe indubbiamente una forte risposta dalla classe lavoratrice.

In un contesto di questo tipo il governo Meloni ha rapidamente consumato la sua “luna di miele”. I limiti di bilancio da rispettare la pongono oggi in una situazione di particolare difficoltà. La rimozione del superbonus, l’attacco al reddito di cittadinanza, l’aumento delle accise sulla benzina e, infine, la discussione aperta sull’autonomia differenziata, cominciano a erodere il suo consenso. A questo si aggiungono le provocazioni di diversi ministri e degli esponenti più reazionari (e non ne mancano!) di Fratelli d’Italia.

Costruire fra i giovani e i lavoratori

I giovani rappresentano senza dubbio il settore più disgustato dalla natura reazionaria e bigotta del governo.

Cosa viene loro offerto? Le provocazioni continue del ministro Valditara e il progetto cosciente di una scuola sempre più ingiusta, divisa tra pochi licei di qualità nei quali formare i rampolli della classe dirigente, una quota di scuole tecnico-professionali strettamente asservite alle esigenze delle aziende, e un settore di vere e proprie scuole parcheggio, discarica sociale per quei giovani che il ministro disprezza apertamente.

Sono gli stessi giovani che devono confrontarsi con la scelta tra un’Università classista e un lavoro sempre più povero e tra cui sta emergendo un settore radicalizzato e combattivo che anticipa gli umori e la determinazione che investirà la lotta di classe nel nostro paese.

Il nostro lavoro tra i giovani è stata discussa in una commissione apposita, in cui i compagni da tutta Italia si sono confrontati sul lavoro quotidiano che conduciamo nelle scuole e nelle università, attraverso collettivi che provano a diffondere le idee del marxismo nel corpo ampio degli studenti e ad organizzare una risposta organizzata al governo e una lotta determinata contro il capitalismo.

Il nostro intervento nella classe operaia è stato invece oggetto della discussione di una commissione sindacale, nella quale tra l’altro si è tratto un bilancio del congresso della CGIL, ormai alle sue battute finali. Partecipando alle assemblee congressuali della CGIL abbiamo potuto toccare con mano il distacco sempre maggiore tra burocrazia sindacale e lavoratori. I nostri compagni hanno difeso il documento alternativo a quello della maggioranza in decine di assemblee riuscendo ad ottenere migliaia di consensi. Ma il nostro lavoro principale è oggi quello nel corpo vivo della classe operaia, davanti ai luoghi di lavoro, dove dobbiamo garantire un costante lavoro di propaganda ed intervento nelle vertenze, puntando a far avanzare la coscienza dei lavoratori con le nostre proposte e puntando a porci come riferimento.

La crescita della nostra organizzazione

Il terzo e ultimo giorno del congresso è stato dedicato allo stato dell’organizzazione. Paolo Grassi nella sua relazione ha ribadito gli importanti risultati nell’intervento tra i giovani, oltre il 60 per cento dei compagni che hanno aderito a Scr negli ultimi due anni hanno meno di vent’anni. Importanti passi avanti sono stati fatti nella nostra presenza nelle scuole superiori e nelle università, dove diffondiamo un terzo delle oltre 14mila copie di Rivoluzione diffuse nel 2022, ma anche tra i giovani lavoratori. Oggi il 50% dei nostri compagni ha meno di trent’anni.

Tutto ciò ci impone di dedicare ancora più scrupolo alla formazione teorica. Sull’onda dell’ottima esperienza fatta lo scorso anno coi seminari nazionali e il campeggio di Alt a settembre, continueremo a dedicare particolare attenzione alla formazione e alle pubblicazioni. Oltre al seminario nazionale dell’11 marzo sulla questione femminile dedicheremo un nuovo seminario di formazione il 15 e 16 aprile a marxismo e filosofia e al centenario della rivoluzione tedesca 1918-1923. Dopo aver ripubblicato nel 2022 L’imperialismo di Lenin, a cui è seguita una serie di presentazioni in tutta Italia, abbiamo pubblicato la nuova edizione della rivista teorica Falcemartello dedicata al conflitto tra gli imperialismi. Entro qualche settimana pubblicheremo un nuovo libro, Storia della filosofia di Alan Woods.

Le discussioni sullo stato dell’organizzazione in Italia e sulla crescita che investe le diverse sezioni della nostra Internazionale ci confermano che ci stiamo muovendo nella direzione giusta. Con la profonda fiducia nelle idee del marxismo e la determinazione che ci caratterizza, sapremo intervenire negli eventi eccezionali che ci aspettano e costruire un’organizzazione rivoluzionaria che sia all’altezza dei compiti che ci impone la nostra epoca.

Il congresso si è concluso con la votazione sul documento politico e l’elezione del comitato centrale all’unanimità.

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